La serie Dragon Age di Bioware è un esempio di come un franchise possa cambiare e adattarsi nel tempo, dividendo però i suoi fan. Ogni gioco della serie è molto diverso dagli altri, e proprio questa variabilità ha causato discussioni accese tra i fan. Ma perché ci sono tutte queste divisioni? E perché ogni nuovo capitolo riapre il dibattito sull’identità della saga?
Quando si parla di Dragon Age: Origins, i fan si emozionano. Uscito nel 2009, questo gioco ha conquistato chi ama i GDR classici, grazie alla sua storia profonda, ai personaggi complessi e alle tante scelte che si possono fare, che ancora oggi sono difficili da superare. È il tipo di gioco che resta nei cuori di chi l’ha giocato, con tanti che hanno amato ogni singolo secondo delle loro partite.
Origins è stato un viaggio davvero speciale nel mondo di Ferelden, dove il giocatore poteva scegliere il proprio destino fin dall’inizio. Anche solo il prologo del gioco cambiava in base alla razza e alla classe che si sceglievano: questo era un dettaglio incredibile per un GDR, e tanti giochi successivi hanno cercato di copiarlo.
Ma se Origins è stato l’inizio di un grande amore, è anche diventato il motivo di molte discussioni. Gli standard che aveva stabilito erano altissimi, e ogni seguito è stato inevitabilmente paragonato a questo primo capitolo.
Dragon Age 2 – troppa fretta porta problemi
Dopo il successo di Origins, Electronic Arts ha voluto fare in fretta. Dragon Age 2 è stato sviluppato in soli 14-16 mesi, e questa fretta si nota. Ambientato principalmente nella città di Kirkwall, Dragon Age 2 ha molti problemi di varietà: i dungeon sono spesso ripetuti, ci sono meno razze disponibili, e la città sembra spesso vuota e poco interessante. Sembra che il gioco sia stato sviluppato facendo compromessi e usando soluzioni rapide e riciclate.
Non è solo la parte tecnica che ha deluso i fan. Il gameplay è diventato più veloce e meno strategico, allontanandosi dallo stile classico di Dragon Age. Le opzioni di dialogo si sono ridotte a tre scelte principali (diplomatico, sarcastico, stoico) e il protagonista – Hawke – è sempre un umano, anche se ci sono diverse opzioni di personalizzazione. Questo è stato un grande cambiamento rispetto alla libertà di Origins, e molti fan non l’hanno accettato facilmente.
Inquisition – un tentativo di ritorno alle origini con risultati misti
Con Dragon Age: Inquisition, Bioware ha provato a tornare alle origini della serie, riproponendo alcuni degli elementi più amati di Origins, come una storia coinvolgente e personaggi complessi con cui il giocatore può sviluppare relazioni profonde. Questa volta il team di sviluppo aveva più tempo e ha usato un motore grafico nuovo, la Frostbite Engine, ma non tutto è andato alla perfezione, come l’uso del motore grafico Frostbite, che ha causato molti problemi tecnici e reso difficile sviluppare alcune meccaniche tipiche dei giochi di ruolo.
Inquisition è un gioco maestoso, con una storia interessante e personaggi che hanno di nuovo catturato l’interesse dei fan, ma la struttura open-world ha portato alcuni problemi, come la ripetitività delle missioni e il modo in cui queste missioni spesso spezzano il ritmo della storia principale, dando l’impressione di dover svolgere compiti di riempimento piuttosto che veri e propri obiettivi significativi.
Nonostante questo, Inquisition è riuscito a riconquistare una parte del pubblico, anche se non completamente. La storia principale è riuscita a tenere i giocatori incollati allo schermo, ma il gameplay più orientato all’azione e l’esplorazione di vaste aree aperte hanno nuovamente diviso i fan. Chi sperava in un ritorno all’atmosfera più intima di Origins è rimasto deluso, poiché Origins offriva un’esperienza personale e coinvolgente, con storie più contenute, dialoghi profondi e un senso di intimità che faceva davvero sentire il giocatore parte di quel mondo.
The Veilgard – ritorno alle origini o un altro errore?
E ora arriviamo al prossimo capitolo: Dragon Age: The Veilgard. Cosa possiamo aspettarci? I fan sono già divisi, ancora prima che il gioco esca. Le prime informazioni suggeriscono un approccio più orientato all’azione, con molta attenzione all’inclusività, cosa che ha generato sia applausi sia critiche. Bioware ha investito molto in un editor di personaggi che permette una completa libertà di genere, e questo ha fatto discutere molto su come la rappresentazione inclusiva venga gestita nei videogiochi.
La vera domanda è: The Veilgard riuscirà a riportare la serie ai fasti di Origins? O sarà un altro esperimento che dividerà ancora di più i fan? Non possiamo saperlo con certezza, ma una cosa è chiara: non ci sarà una risposta unica.
Perché Dragon Age divide così tanto?
Alla fine, la vera ragione per cui Dragon Age divide tanto è la sua stessa natura. Bioware ha cercato di creare giochi che fossero sia dei blockbuster per il grande pubblico che dei GDR profondi per i fan più esigenti. Questa doppia natura – voler raccontare storie complesse ma anche rendere i giochi accessibili a tutti – è il motivo per cui ogni capitolo divide i fan.
L’unica cosa costante nella saga è stata la qualità dei personaggi e delle relazioni che possiamo costruire con loro. E forse, se The Veilgard riuscirà di nuovo a portarci in un mondo fatto di storie intense, scelte morali difficili e compagni con cui legare o litigare, allora potrà davvero superare questa crisi di identità e trovare una nuova coerenza. Solo il tempo (e i nostri controller) potrà dircelo.
Se anche tu sei uno dei fan che seguono Dragon Age con il fiato sospeso, faccelo sapere nei commenti: quale capitolo hai amato di più? E cosa ti aspetti da The Veilgard? Seguici sui nostri social e continua a discuterne insieme a noi!