Dustborn, il nuovo titolo sviluppato da Red Thread Games e pubblicato da Quantic Dream, aveva tutte le carte in regola per essere una delle uscite più interessanti dell’anno. Ambientato in un’America distopica, il gioco prometteva di unire una narrazione forte a tematiche sociali di grande rilevanza. Tuttavia, il risultato finale è un mix di luci e ombre, con una storia che colpisce nel segno ma un gameplay che lascia a desiderare.
Il contesto: un progetto ambizioso
Red Thread Games è uno studio norvegese già noto per aver creato Dreamfall Chapters, un titolo che ha saputo conquistare una nicchia di appassionati grazie alla sua narrazione profonda. Con Dustborn, il team ha cercato di alzare ulteriormente l’asticella, creando un gioco che non solo racconta una storia, ma lo fa affrontando tematiche attuali come l’identità di genere, l’oppressione e la resistenza a un regime autoritario. Il coinvolgimento di Quantic Dream, famoso per titoli come Detroit: Become Human, ha alimentato ulteriormente le aspettative, ma è proprio qui che il progetto mostra le sue prime crepe.
Il progetto è stato annunciato con grande clamore e supportato da una campagna di marketing che ha messo in risalto la forte componente narrativa e il messaggio sociale del gioco. I trailer iniziali, con il loro stile grafico unico e una colonna sonora evocativa, hanno catturato immediatamente l’attenzione di una vasta fetta di pubblico. La promessa di un’esperienza che combina elementi di road movie, avventura narrativa e tematiche punk ha fatto sognare molti, ma è proprio questo mix di elementi che ha finito per essere un’arma a doppio taglio.
Una trama avvincente ma prolissa
Il punto di forza di Dustborn è senza dubbio la sua narrazione. La storia segue Pax, una trentenne afroamericana, e il suo gruppo di “Anomals” – individui con poteri speciali legati alle parole – in un viaggio attraverso un’America alternativa dominata da un regime oppressivo. La trama esplora temi complessi in modo diretto e talvolta provocatorio, con personaggi ben caratterizzati e situazioni che spesso costringono il giocatore a riflettere. Tuttavia, il ritmo narrativo non è sempre equilibrato: alcuni dialoghi si prolungano oltre il necessario, diluendo l’impatto emotivo e rallentando l’azione. È come se il gioco cercasse di dire troppo, finendo per perdersi in dettagli che avrebbero potuto essere snelliti per mantenere alta l’attenzione del giocatore.
Uno degli elementi centrali della trama è il viaggio attraverso un’America frammentata, un road trip che porta Pax e il suo gruppo a confrontarsi con diverse fazioni e pericoli lungo il cammino. Questo viaggio non è solo fisico, ma anche emotivo e ideologico, portando i personaggi a riflettere sulle proprie identità e sulle scelte che devono fare. La rappresentazione della diversità è uno dei punti forti di Dustborn, con personaggi che affrontano temi come l’identità di genere e l’emarginazione sociale in modo autentico e senza filtri.
Tuttavia, nonostante la ricchezza dei temi trattati, la narrazione soffre di un problema di ritmo. Molte scene dialogiche, pur ben scritte, tendono a dilungarsi, perdendo di vista l’essenzialità e rallentando il progresso della trama. Ci sono momenti in cui la storia sembra perdersi in dettagli che non aggiungono molto all’esperienza complessiva, creando una sensazione di prolissità che può scoraggiare alcuni giocatori. Questo è particolarmente evidente nelle sezioni in cui il gioco cerca di spiegare l’universo in cui è ambientato, con lunghi monologhi che, sebbene ben scritti, avrebbero potuto essere integrati in modo più fluido nell’azione.
Gameplay: potenziale non sfruttato
Se la narrazione è uno dei punti di forza di Dustborn, lo stesso non si può dire del gameplay. Il gioco combina elementi di avventura con sezioni di combattimento e risoluzione di puzzle, ma l’esecuzione lascia a desiderare. Le meccaniche, inizialmente intriganti, diventano rapidamente ripetitive e mancano di profondità. Le scelte morali che il gioco propone raramente portano a conseguenze significative, limitando il senso di coinvolgimento del giocatore. I combattimenti, che introducono l’idea interessante di usare le parole come armi, si rivelano troppo semplici e poco stimolanti. Anche i mini-giochi musicali, che avrebbero potuto rappresentare una pausa creativa, sono stati giudicati troppo elementari e non sufficientemente coinvolgenti.
Il gameplay si divide in due macro aree: le sezioni di esplorazione e interazione con i personaggi e quelle di combattimento. Durante le fasi esplorative, il giocatore può parlare con i membri del gruppo, risolvere piccoli puzzle e raccogliere oggetti. Questi momenti, sebbene offrano spunti interessanti per lo sviluppo dei personaggi, sono spesso limitati da un’interattività troppo guidata. Le scelte offerte al giocatore raramente influenzano la trama in modo significativo, e le interazioni si riducono spesso a semplici conversazioni che non lasciano il segno.
Le sezioni di combattimento, che rappresentano una parte cruciale dell’esperienza di gioco, sono state particolarmente criticate. Nonostante l’idea di utilizzare le parole come armi sia interessante e originale, la sua implementazione è stata giudicata superficiale. I combattimenti risultano troppo semplici e ripetitivi, con poche opzioni strategiche a disposizione del giocatore. I nemici, spesso poco vari, non rappresentano una sfida significativa, e la mancanza di profondità nelle meccaniche di combattimento porta rapidamente alla noia. Anche i boss fight, che in teoria dovrebbero rappresentare i momenti più emozionanti del gioco, mancano di impatto e originalità, risultando poco memorabili.
I mini-giochi musicali, che avrebbero potuto rappresentare una gradita variazione sul tema, sono un’altra occasione mancata. Questi segmenti, che richiedono al giocatore di premere pulsanti a ritmo con la musica, sono stati criticati per la loro semplicità e mancanza di coinvolgimento. In un gioco che fa dell’originalità e della creatività uno dei suoi pilastri, questi mini-giochi risultano sorprendentemente convenzionali e poco stimolanti.
Aspetti tecnici e artistici – luci e ombre
Uno degli aspetti più apprezzati di Dustborn è senza dubbio la sua direzione artistica. Il gioco adotta uno stile visivo cel-shaded che richiama i fumetti, con una palette cromatica che esalta l’estetica punk del mondo di gioco. I personaggi sono animati con cura e l’attenzione ai dettagli visivi è evidente in ogni scena. Tuttavia, dal punto di vista tecnico, il gioco non è esente da problemi. Alcuni giocatori hanno segnalato bug e glitch che compromettono l’esperienza di gioco, interrompendo il flusso narrativo e riducendo l’immersione.
L’ambientazione del gioco, che si ispira a un’America distopica e post-apocalittica, è uno dei suoi punti di forza. I paesaggi, sebbene stilizzati, riescono a trasmettere un senso di desolazione e oppressione, con scenari che variano dalle città in rovina alle lande desertiche, passando per insediamenti improvvisati e rifugi clandestini. Il design dei personaggi, fortemente influenzato dall’estetica punk, contribuisce a creare un’atmosfera unica, che si riflette anche nelle animazioni e nelle espressioni facciali. Questo livello di dettaglio visivo aiuta a dare vita ai personaggi e a rendere più credibili le loro interazioni.
Tuttavia, non tutto è perfetto dal punto di vista tecnico. Oltre ai bug e ai glitch, che possono variare da piccoli inconvenienti a problemi più seri che richiedono il riavvio del gioco, ci sono state segnalazioni di cali di frame rate e di problemi di ottimizzazione su alcune piattaforme. Questi difetti tecnici, sebbene non compromettano completamente l’esperienza di gioco, rappresentano un ostacolo all’immersione e possono risultare frustranti per i giocatori.
Accoglienza critica: Dustborn un gioco divisivo
L’accoglienza di Dustborn da parte della critica è stata mista. Da un lato, molti hanno lodato la narrazione del gioco e il suo coraggio nel trattare temi complessi e attuali. Dall’altro, il gameplay è stato spesso considerato un punto debole, incapace di sostenere la qualità della narrazione. Le recensioni oscillano tra punteggi mediocri e buoni, riflettendo la natura divisiva del titolo. Alcuni critici hanno elogiato l’audacia del progetto, mentre altri hanno espresso delusione per la sua esecuzione, che non è riuscita a raggiungere le aspettative generate durante la fase di promozione del gioco.
Dustborn è stato paragonato ad altri giochi narrativi di successo, ma è emerso chiaramente che non è riuscito a eguagliare l’impatto di titoli come Life is Strange o Detroit: Become Human. Questo ha portato alcuni recensori a chiedersi se Red Thread Games abbia tentato di fare troppo in un solo gioco, sacrificando la coerenza e la qualità complessiva del gameplay a favore della narrazione.
Un’opera ambiziosa con margini di miglioramento
In conclusione, Dustborn è un gioco che, pur con i suoi difetti, merita attenzione per la sua narrazione coraggiosa e le tematiche affrontate. Tuttavia, i problemi legati al gameplay e a una narrazione talvolta troppo prolissa ne limitano il pieno potenziale. Red Thread Games ha dimostrato di avere una visione creativa notevole, ma dovrà lavorare su questi aspetti per elevare le sue future produzioni al livello delle aspettative. Se siete alla ricerca di un’esperienza narrativa che sappia far riflettere, Dustborn potrebbe fare al caso vostro, ma non aspettatevi un gameplay all’altezza della sua storia.