Il rapporto tra game developers e gamer non è mai stato perfetto, ma ultimamente sembra che le tensioni siano diventate ancora più forti. Alcuni sviluppatori hanno fatto dichiarazioni che hanno diviso ulteriormente il pubblico. Ma come mai è successo questo? Come si è arrivati al punto in cui gli sviluppatori vedono alcuni giocatori quasi come un problema, invece di considerarli il pubblico a cui rivolgersi?
In passato, i videogiochi erano fatti principalmente per ragazzi adolescenti. Le pubblicità, i personaggi e i giochi erano pensati per piacere soprattutto a loro, perché erano il pubblico principale in quel momento. Ma poi le cose sono cambiate. L’industria dei videogiochi è cresciuta e anche i giochi sono cambiati: nuove tecnologie, nuove storie e nuovi tipi di pubblico.
Col passare del tempo, i videogiochi sono diventati un fenomeno più inclusivo. Sempre più donne, adulti e anziani hanno iniziato a giocare. Giochi come quelli di match-3, simulatori di vita e giochi sportivi sono diventati popolari e c’era qualcosa per tutti. Questo ha portato anche a creare storie più complesse e mature. I videogiochi non erano più solo “giochi per ragazzi”, ma veri e propri mezzi di narrazione.
La cultura del conflitto e il cambiamento delle aspettative
Con la crescita dell’industria, sono arrivate anche nuove aspettative. Le storie nei giochi sono diventate più ricche, e sono stati introdotti temi più profondi e diversi. Questo ha però anche diviso il pubblico: alcuni hanno accolto con entusiasmo questi cambiamenti, mentre altri li hanno visti come una perdita dello “spirito originale” dei videogiochi.
E qui è iniziato a emergere il problema culturale. Gli sviluppatori, spesso influenzati dalle loro opinioni personali, hanno iniziato a usare i social media per esprimere il loro punto di vista. Per esempio, alcuni sviluppatori hanno fatto dichiarazioni su Twitter criticando parte della community, creando polemiche e allontanando parte del loro pubblico. A volte, queste opinioni sono diventate veri e propri attacchi verso i giocatori. Frasi come “non vogliamo che certi tipi di persone giochino ai nostri giochi” sono diventate comuni, facendo sentire molti giocatori esclusi e non benvenuti.
La libertà creativa e il rischio di allontanare il pubblico
In molti casi, questa divisione deriva da una visione distorta della libertà creativa. Gli sviluppatori oggi hanno la possibilità di raccontare qualsiasi storia su qualsiasi piattaforma. Possono raggiungere il pubblico tramite PC, console e persino il loro Nintendo Switch! Ma cosa succede quando questa libertà viene usata per dividere invece di unire?
Molti giocatori pensano che alcuni sviluppatori, usando i social, abbiano iniziato a imporre la loro visione del mondo a scapito del loro pubblico. L’idea di avere un “pubblico moderno” che rispecchi solo certe caratteristiche sembra in qualche modo andare contro l’idea stessa dei videogiochi come mezzo inclusivo.
È davvero giusto insultare i propri clienti?
Questo atteggiamento non si vedrebbe in altri settori. Immagina di entrare in un ristorante e di essere rifiutato solo perché indossi un abbigliamento che il personale non apprezza. Non succederebbe mai. Eppure, nel mondo dei videogiochi sembra che sia diventato normale escludere una parte del pubblico, magari solo per ottenere qualche “mi piace” in più sui social.
È importante distinguere tra critica costruttiva e semplice attacco. Criticare il pubblico e dire che è colpa loro se un gioco non vende non è una buona strategia. Se un gioco non vende, forse il problema è nel gioco stesso, e non nelle persone che scelgono di non comprarlo.
I videogiochi sono (o dovrebbero essere) per tutti
Alla fine, la vera domanda è: cosa è successo all’idea che i videogiochi siano per tutti? Per esempio, giochi come “The Sims” o “Animal Crossing” hanno avuto successo proprio perché sono stati pensati per tutti. Quando abbiamo deciso che fosse giusto limitare chi può giocare e chi no? I videogiochi sono una forma d’arte e, come ogni forma d’arte, dovrebbero essere accessibili a chiunque voglia provarli.
Il punto non è eliminare la diversità nei giochi, anzi, questa è una parte fondamentale del successo dell’industria oggi. Il problema nasce quando la diversità viene usata come scusa per attaccare chi non la comprende o la vede come una minaccia, o semplicemente chi non è d’accordo con la visione degli sviluppatori.
In conclusione, il vero successo per uno sviluppatore di videogiochi è creare un gioco che piaccia al maggior numero di persone possibile. Non tutti apprezzeranno il tuo lavoro, e va bene così. Ma questo non significa che bisogna escludere deliberatamente una parte del proprio pubblico. La chiave sta nella comprensione reciproca: ci sono gusti diversi, e il bello dei videogiochi è proprio questo, offrire qualcosa di unico per ognuno di noi.
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