Ci sono oggetti che, al primo sguardo, ti riportano immediatamente indietro nel tempo. Il GKD Bubble è uno di questi. L’ho visto e ho sentito una fitta di nostalgia, quella sensazione che solo i prodotti che hanno segnato la nostra infanzia riescono a dare.
Da ragazzino passavo ore incantato davanti al SEGA Game Gear. A differenza del Game Boy, aveva uno schermo a colori ed era un piccolo mostro tecnologico per l’epoca. Certo, divorava batterie a velocità imbarazzante, ma per me restava il massimo.
Vedere oggi una console come il GKD Bubble, con il suo design che richiama chiaramente il Game Gear, mi ha subito incuriosito. Ma oltre all’effetto nostalgia, funziona davvero bene? Ho passato giorni a provarla, e ora ti racconto tutto.
Il fascino del Game Gear in un corpo moderno
Il primo impatto è positivo. Il design è un omaggio dichiarato al Game Gear, con forme bombate e un formato allungato che si discosta dalle solite console portatili in stile Nintendo.
La scocca è leggera, fin troppo. Non trasmette una sensazione di solidità, anzi, in alcuni punti la plastica è sottile e lascia passare la luce del LED di ricarica. Avrei preferito una costruzione più robusta, perché una console portatile deve essere in grado di sopportare urti e usura.
L’ergonomia, però, è sorprendentemente buona. Si impugna bene, i pollici trovano subito la loro posizione naturale sui tasti e la console si adatta senza problemi a mani grandi e piccole.
I tasti sono un po’ rumorosi, ma hanno un buon feedback. La croce direzionale unita, che di solito non mi convince, mi ha fatto ricredere. Dopo qualche partita ai vecchi picchiaduro Street Fighter II e King of Fighters, mi sono accorto che risponde con precisione e senza incertezze. Non me lo aspettavo, e devo dire che è stata una bella sorpresa.
Peccato per i tasti del volume, messi in basso. Ogni volta che volevo regolare l’audio, dovevo cercarli alla cieca. Non è una tragedia, ma una posizione più intuitiva avrebbe migliorato l’esperienza.
Uno schermo piccolo per una scocca grande
Lo schermo è un IPS da 3,5 pollici con risoluzione 640×480. I colori sono buoni, gli angoli di visione anche, ma… è piccolo.
Guardando la scocca, viene spontaneo pensare che si sarebbe potuto inserire almeno un 3,7 o 4 pollici senza problemi. E invece ci troviamo con un display che sembra quasi “incassato” in un guscio più grande del necessario.
Se vieni da console con schermi più ampi, l’effetto può spiazzare. Dopo un po’ ci si abitua, ma avrebbero potuto sfruttare meglio lo spazio.
Un dettaglio curioso: hanno riprodotto fedelmente i LED del Game Gear, con uno verde per l’accensione e uno rosso che si illumina durante la ricarica. Un tocco nostalgico che apprezzo.
Hardware e prestazioni: cosa puoi giocare?
Sotto il cofano troviamo il processore RK3566, un GB di RAM LPDDR4 e una batteria da 4000 mAh. Con questa configurazione, il GKD Bubble gestisce bene l’emulazione fino alla generazione 128-bit.
L’ho provata con le console classiche del retrogaming, e il risultato è stato sorprendente.
- MAME, Neo Geo, SNES, Mega Drive: perfetti. Nessun rallentamento, nessun problema.
- PlayStation 1: ottima emulazione, anche con titoli 3D pesanti come Gran Turismo 2 o Metal Gear Solid. Curiosamente, l’analogico non è attivo di default e bisogna attivarlo manualmente.
- Dreamcast: è qui che il GKD Bubble mi ha sorpreso di più. Titoli come Crazy Taxi e Soul Calibur girano fluidi, senza lag né scatti.
- PSP: un po’ meno brillante, ma comunque buona. Alcuni giochi più pesanti, come GTA Vice City Stories, mostrano piccoli rallentamenti nei caricamenti, ma nulla di drammatico.
- Saturn: funziona! E questo è un evento, perché il Sega Saturn è una delle console più difficili da emulare. Non mi aspettavo di vedere giochi come Radiant Silvergun girare così bene.
Il Nintendo DS, invece, è quasi inutilizzabile. Lo schermo piccolo e l’assenza del touch costringono a simulare il pennino con l’analogico sinistro, un’esperienza che definire frustrante è poco.
Software: una buona base, ma non per tutti
Il sistema operativo è basato su Linux, con una UI chiamata Lovely Child. Il nome fa sorridere, ma il vero problema è l’interfaccia poco intuitiva.
La console non parte direttamente con Emulation Station, che è molto più semplice da usare, ma ti fa passare prima per un menu meno chiaro. Se sei un esperto, in pochi minuti capisci tutto e sistemi le impostazioni. Se invece sei alle prime armi, rischi di perderti.
La connessione WiFi è un bel plus, perché permette di aggiornare il sistema senza dover trasferire file manualmente.
Autonomia e connettività: promossa con qualche riserva
La batteria dura tra le 7 e le 8 ore, più che sufficiente per lunghe sessioni di gioco.
L’uscita Micro HDMI permette di collegarla alla TV e trasformarla in una console da salotto. Ho provato a giocarci su un monitor più grande con un controller Bluetooth e l’esperienza è stata molto piacevole.
C’è però un dettaglio fastidioso: nella confezione manca il cavo USB-C per la ricarica. Quindi, se non ne hai già uno a casa, dovrai procurartelo separatamente.
Vale la pena prenderla?
Il GKD Bubble è una console particolare. Non è perfetta, ma ha un’anima.
Se cerchi un dispositivo per rivivere il retrogaming con un’estetica che richiama il Game Gear, può essere una scelta azzeccata. Se invece vuoi una console portatile più raffinata e versatile, ci sono alternative migliori nella stessa fascia di prezzo.
Nel mio caso, dopo giorni di test, la sto usando ancora. Nonostante le sue piccole imperfezioni, ha qualcosa che mi fa venir voglia di accenderla e giocare. Ed è proprio questa la magia delle console portatili.
Tu cosa ne pensi? Ti attira il GKD Bubble o preferisci puntare su altro? Parliamone nei commenti!
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