Il mondo del gaming tripla A ci ha abituati a grandi promesse: esperienze immersive, storie coinvolgenti, livelli produttivi da far impallidire Hollywood. Eppure, nel 2025, molti iniziano a farsi una domanda scomoda: ne vale ancora la pena?
Dai un’occhiata alle ultime uscite e prova a rispondere anche tu.
La sindrome da aspettativa
È un copione che ormai conosciamo bene. Parte tutto da un teaser figo, un trailer pieno di scene scriptate, magari un gameplay “in-engine” che ci fa sognare. Poi esce il gioco… e non è che sia brutto, ma qualcosa non gira.
Tanti titoli recenti hanno sofferto proprio di questo: l’effetto trailer. Quello che ti fa immaginare una cosa, ma te ne consegna un’altra.
Abbiamo visto esempi clamorosi anche quest’anno. Giochi che sembravano rivoluzionari e invece sono scivolati in un mare di mediocrità, tra bug, grinding forzato e missioni copia-incolla.
Budget enormi, coraggio zero
Il problema non è solo tecnico, ma anche creativo. Con costi di produzione che superano i 100 milioni, è normale che i publisher abbiano paura di rischiare. Ma così facendo, stanno uccidendo la spinta innovativa che aveva reso il gaming un mondo imprevedibile e sempre nuovo.
Troppe saghe trascinate per inerzia, troppi sequel che aggiungono poco o nulla, troppi open world fatti con lo stampino.
Il tripla A oggi gioca sul sicuro. E noi, in fondo, continuiamo a comprarli… sperando ogni volta che sia “quello giusto”.
Indie che innovano, tripla A che inseguono
Hai notato quanti indie stanno diventando virali per la loro freschezza? In un paradosso ormai evidente, i titoli a basso budget sono spesso quelli che osano di più.
Stiamo parlando di giochi che prendono rischi, esplorano meccaniche nuove, sfidano le regole.
Nel frattempo, i giganti del settore inseguono il trend del momento. Se qualcosa funziona su Steam, ecco che nel giro di sei mesi abbiamo il clone ufficiale, super prodotto, ma senza quella scintilla.
Non è un caso se la community sta premiando sempre più produzioni “piccole”, che però parlano una lingua vera, fatta di passione e voglia di stupire.
L’ossessione per la retention
Altro tema caldo: il modello live service.
Ormai sembra che ogni gioco debba avere una tabella di marcia, battle pass, shop, eventi a tempo e mille motivi per “tornare ogni giorno”. Ma a quale costo?
Narrativa sacrificata, gameplay pensato per trattenerti invece che emozionarti, aggiornamenti che inseguono KPI invece di una visione creativa.
Il tripla A del 2025 spesso assomiglia più a un’app da aprire cinque minuti al giorno che a un’esperienza da vivere e ricordare.
Ma quindi: I tripla A li vogliamo ancora?
Sì. Perché quando ci credono davvero, i giochi tripla A sono ancora capaci di toglierci il fiato.
Ma non così. Non in questo loop di promesse e delusioni, trailer e patch, contenuti tagliati e aggiornamenti a metà.
Ci serve una nuova generazione di produzioni ambiziose, ma con il coraggio di non piacere a tutti. Giochi che scelgono una direzione forte, anche a costo di dividere.
Perché il gaming non ha bisogno di altri titoli “ok”. Ne abbiamo fin troppi.
Hai anche tu questa sensazione che “qualcosa manchi” nei giochi di oggi? Scrivilo nei commenti, o raccontacelo su Instagram. E se ti va, condividi questo articolo con qualcuno che ha bisogno di una bella chiacchierata da gamer a gamer.