Il sumo, lo sport nazionale giapponese, ha una tradizione che sembra scolpita nella pietra: solo gli uomini possono praticarlo. Per secoli, le donne sono state escluse persino dalla dohyo, l’arena sacra del sumo. Eppure, qualcosa sta cambiando. La società giapponese evolve, e con essa il modo in cui certe tradizioni vengono interpretate. Ma perché una lottatrice di sumo in un videogioco ha scatenato così tante polemiche?
Assassin’s Creed Shadows e la controversia sulla lottatrice di sumo
Il recente trailer di Assassin’s Creed Shadows, in uscita nel 2025, ha fatto esplodere un dibattito furioso. Ubisoft ha deciso di includere una donna lottatrice di sumo, scelta che ha fatto infuriare alcuni fan della serie e appassionati di storia giapponese. Le critiche? “Un’anacronismo”, “un affronto alla tradizione”, “una forzatura culturale”. Eppure, questa polemica ha davvero senso?
Guardiamo i fatti: è vero che il sumo femminile non è mai stato praticato a livello professionistico fino a tempi recenti, e che ancora oggi le donne sono escluse dai tornei ufficiali della Japan Sumo Association. Ma significa davvero che una donna lottatrice di sumo in un videogioco sia un oltraggio?
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Il Giappone sta cambiando, anche nel sumo
Negli ultimi anni, il dibattito sull’inclusione delle donne nel sumo è diventato sempre più acceso. Un caso emblematico risale al 2018, quando alcune paramediche furono costrette a salire sul dohyo per soccorrere un uomo colpito da un malore. Furono immediatamente allontanate e l’arena fu “purificata” con il sale, gesto che suscitò indignazione anche tra i giapponesi stessi.
E poi c’è la realtà dei fatti: il sumo femminile esiste, ed è in crescita. In Giappone si tengono tornei femminili amatoriali e persino alcune scuole stanno aprendo alla pratica per ragazze. Nel 2024, un articolo di Repubblica titolava “Sumo Girls: donne nell’arena, così il Giappone rompe il tabù della tradizione”, segno che qualcosa si sta muovendo.
Se il Giappone stesso inizia a mettere in discussione questa tradizione, ha davvero senso indignarsi per un videogioco?
Assassin’s Creed è mai stato storicamente accurato?
Chi si lamenta dell’anacronismo nel sumo femminile in Assassin’s Creed sembra dimenticare che la saga non ha mai puntato a una riproduzione storica perfetta. Parliamo di un franchise che ha mescolato eventi reali con fantascienza, congiure templari e tecnologie avanzate in epoche medievali.
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Eppure, in questo caso, si pretende una fedeltà storica assoluta. Perché? Forse perché il sumo è percepito come intoccabile, una tradizione sacra? O forse perché l’idea di una donna in un ruolo “esclusivamente maschile” disturba più del dovuto?
Il vero problema è che ci stiamo attaccando a dettagli insignificanti?
Diciamolo chiaramente: una lottatrice di sumo non rovina il gioco. Non è la prima licenza storica che Ubisoft si prende e non sarà l’ultima. L’arte del videogioco è anche interpretazione e narrativa, e Assassin’s Creed ha sempre giocato su questi elementi.
Piuttosto, la vera domanda è: queste critiche hanno senso nel 2025? Il Giappone stesso sta mettendo in discussione i propri tabù. Se la realtà sta cambiando, perché il videogioco non dovrebbe rifletterlo?
Conclusione: il cambiamento è già in corso, che ci piaccia o no
Non si tratta solo di una polemica su un videogioco, ma di un sintomo di un dibattito più grande. Il sumo sta cambiando. Il Giappone sta cambiando. Il mondo sta cambiando. Forse è il momento di accettarlo, senza indignarsi per un dettaglio che, alla fine, non toglie nulla né alla storia né al rispetto per la cultura giapponese.
Tu cosa ne pensi? Il sumo femminile in Assassin’s Creed Shadows è davvero un problema o una rappresentazione legittima di un cambiamento in corso? Lascia un commento e parliamone!