Se sei appassionato di videogiochi, probabilmente hai sentito parlare del nuovo titolo di Naughty Dog, Intergalactic: The Retic Prophet. E, altrettanto probabilmente, hai assistito alle polemiche esplose sui social media attorno a Tati Gabriel, attrice protagonista del gioco. Ma facciamo chiarezza: Tati Gabriel presta il volto a un personaggio del gioco, ma ciò che accade nella sua vita reale non ha alcuna relazione con la narrativa o il gameplay di Intergalactic. Eppure, sembra che molti abbiano difficoltà a scindere le due cose.
“Sei arrabbiato, fratello?”, ha scritto Gabriel in un post provocatorio sui suoi social, accompagnato da un’immagine creata dai fan che ritrae il suo personaggio con Ciri di The Witcher, entrambi intenti a bere da tazze etichettate “Fragile masculinity”. Il risultato? Una valanga di critiche da parte della community, che ha interpretato il gesto come una presa in giro delle preoccupazioni dei gamer. Ma è davvero così?
Realtà o marketing mal calibrato?
È importante distinguere tra le azioni di un’attrice e le scelte narrative o di gameplay fatte da Naughty Dog. Tuttavia, il post di Gabriel ha riacceso un dibattito ben più ampio: quanto le politiche di inclusione e diversità influenzano realmente la qualità dei videogiochi?
Facciamo un passo indietro. Naughty Dog ha sempre spinto sull’inclusione, e titoli come The Last of Us ne sono la prova. Ma, mentre in quei contesti le scelte narrative sembravano naturali e funzionali, alcuni critici sostengono che con Intergalactic il rischio sia di mettere l’ideologia davanti al gameplay.
Quando il trailer divide
Il trailer del gioco è stato accolto con reazioni contrastanti. Alcuni hanno apprezzato i richiami visivi agli anni ‘70, ‘80 e ’90, mentre altri si sono concentrati su quello che hanno percepito come un eccesso di “Girl boss”. La scelta di Gabriel come volto del personaggio ha polarizzato ulteriormente il pubblico, con un bilancio di 246.000 dislike contro 96.000 like su YouTube. Numeri che parlano di una community profondamente divisa.
Ma, di nuovo, quanto di questa insoddisfazione è reale? E quanto è amplificato da una comunicazione non proprio impeccabile da parte dell’attrice?
Il ruolo della rappresentazione nei videogiochi
Tati Gabriel ha spesso sottolineato l’importanza della rappresentazione, dichiarando in un’intervista che “i bambini lavorano meglio di fantasia se si riconoscono nei personaggi”. Un concetto che, sulla carta, non fa una piega. Tuttavia, molti si chiedono: è davvero necessario che un personaggio sia simile a noi per creare empatia?
Pensaci: Lara Croft di Tomb Raider è diventata un’icona nonostante le sue “super minne” (passami il termine!). E Joel di The Last of Us ha commosso il mondo senza bisogno di rappresentare una minoranza specifica. Insomma, è la storia che fa il personaggio, non il contrario.
Naughty Dog sotto pressione
Una parte del pubblico ha accusato Naughty Dog di aver messo in secondo piano la narrazione e il gameplay in favore di messaggi ideologici. Tuttavia, è bene ricordare che il gioco non è ancora uscito. Quindi, su quali basi si può giudicare? L’unica cosa certa è che il trailer ha scatenato opinioni forti, ma non è sufficiente per bocciare l’intero progetto.
E qui entra in gioco il dibattito sull’inclusione. Naughty Dog ha dimostrato con The Last of Us che è possibile integrare temi inclusivi senza sacrificare la qualità del gioco. Perché non concedere lo stesso beneficio del dubbio a Intergalactic?
Una lezione per tutti
Cosa possiamo imparare da questa polemica? Prima di tutto, che giudicare un videogioco basandosi esclusivamente su un trailer o sui post social di un’attrice è riduttivo. I videogiochi sono opere complesse, e vanno valutati nel loro insieme: gameplay, narrazione, personaggi e, ovviamente, il divertimento che offrono.
Allora, che ne pensi? Sei pronto a dare una chance a Intergalactic: The Retic Prophet? Facci sapere la tua opinione nei commenti e condividi questo articolo con i tuoi amici gamer. E, se ti va, seguici sui social per non perderti le prossime novità dal mondo del gaming!